Stupore e Tremori è stato pubblicato per la prima volta in Francia nel 1999 con il titolo Stupeur et tremblements, ed è arrivato in Italia nel 2000 grazie alla casa editrice Voland.
Non si tratta quindi di una novità nel panorama editoriale, ma si tratta di un'opera che è "invecchiata" molto bene, fin troppo bene, e che risuona ancora molto in un pubblico di lavoratori contemporanei e soprattutto di lavoratrici. Un libricino, un romanzetto, appena 105 pagine. Eppure, è una delle opere che ho apprezzato di più negli ultimi mesi.
" Ricapitoliamo. Da piccola volevo diventare Dio. Molto presto compresi che era chiedere troppo e versai un po' di acqua benedetta nel mio vino da messa: sarei stata Gesù. Presi rapidamente coscienza del mio eccesso di ambizione e accettai di 'fare' la martire, una volta diventata grande. Adulta, mi decisi a essere meno megalomane e a lavorare come interprete per un'azienda giapponese. Sfortunatamente, era troppo per me e dovetti scendere di un gradino per diventare ragioniera. Ma non c'erano freni alla mia folgorante caduta sociale. Mi venne dunque assegnato il posto di nullafacente."
Quando Amélie-san arriva alla Yumimoto, una grossa multinazionale, crede di aver trovato il lavoro di una vita. Finalmente potrà utilizzare la sua conoscenza del giapponese, il paese al quale si sente di appartenere nonostante sia cresciuta in Belgio. Ma la sua permanenza alla Yumimoto si rivelerà tutto tranne che idilliaca.
In questa ditta, infatti, la normalità sono i giochi di potere tra colleghi e superiori, con una pretesa di annullamento della propria personalità, in modo da poter servire meglio la propria azienda, alla quale è necessario essere sempre grati.
Ogni attore della storia ama esercitare il proprio potere sugli altri e Amèlie, che è l'ultimo anello della catena, non può che farne le spese a cascata.
Mi è piaciuto?
Stupore e Tremori è una lettura leggera e simpatica, che mi è piaciuta molto.
Un romanzo breve, talmente corto da non dare la possibilità di entrare troppo nella vita di Amèlie (anche per scelta dell'autrice, che decide di non dare alcuna informazione sulla sua vita privata dell'epoca), ma consente di comprendere il suo disagio, il suo senso di impotenza e, alla fine, la sua sconfitta alla Yumimoto.
In quanti di noi risuona una narrazione simile? Se pensiamo che la storia è ambientata negli anni '90 e, per di più in Giappone, è assurdo comprendere quanto queste tematiche siano ancora attuali e siano entrate a far parte della normalità di qualsiasi vita aziendale, di qualsiasi luogo di lavoro multinazionale e non.
Amélie conserva una certa ironia e, anche quando si ritrova a pulire i bagni dell'azienda, riesce comunque a trovare uno scopo e, in qualche modo, a sopravvivere a quei mesi infernali. Decide di vivere come una giapponese, affrontando la propria disdetta senza rinunciare e portando a termine il proprio contratto.
Attraverso le pagine del romanzo, Amélie riesce a rappresentare tutte le abitudini sociali nipponiche con una distanza invidiabile: non è del tutto distaccata perché ha origini giapponesi, ma è cresciuta in Belgio, perciò riesce a essere contemporaneamente un'osservatrice esterna ed interna. Il quadretto che ci restituisce, per quanto a volte paradossale, è interessante e coerente. Davvero un'ottima occasione per comprendere questa cultura così distante eppure così umana.
Non manca una critica alla condizione della donna in Giappone negli anni '90, la cui descrizione avviene senza il velo umoristico che caratterizza il resto del romanzo. Qui la narrazione lascia spazio a una rabbia impotente, che osserva sapendo di non poter cambiare le cose. Un pugnetto allo stomaco, non troppo forte, ma comunque efficace.
Infine, una curiosità: il titolo si riferisce al modo in cui i giapponesi dovrebbero rivolgersi al loro imperatore, con deferenza assoluta. Stupore e tremori, appunto. La stessa modalità di comunicazione che si dovrebbe adottare con il proprio datore di lavoro!